La Sardegna candidata ad avamposto nazionale per l’autosufficienza energetica da energie rinnovabili, secondo uno studio del Politecnico di Milano e dell’Università di Padova commissionato dal WWF Italia. Lo scenario prevede che l’85% della generazione elettrica dell’isola sia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030, in particolare eolico e fotovoltaico, supportata dall’infrastruttura di rete e da sistemi di accumulo e impianti di pompaggio. I primi risultati potrebbero essere anticipati al 2025.
Sardegna Rinnovabile è lo studio realizzato per conto del WWF Italia dall’Università di Padova e il Politecnico di Milano sulla decarbonizzazione dell’isola al 2025, in linea con gli obiettivi europei e nazionali di abbandonare definitivamente la produzione di elettricità alimentata a carbone entro il 2050. Proprio perché sprovvista di una rete gas, la Sardegna è candidata a terreno di prova per la decarbonizzazione nazionale. L’isola diverrebbe esempio dell’autosufficienza energetica derivante da energie rinnovabili, come eolico e fotovoltaico. Fenomeni emergenti come le comunità energetiche e il minore impatto paesaggistico dovuto alla ricerca sulle rinnovabili sono già realtà. Ne abbiamo parlato con Mariagrazia Midulla, direttore Clima ed Energia del WWF Italia, nonché Ambasciatore del patto europeo per il clima in Italia presso l’Unione Europea, che avverte: “Bisogna essere chiari su ciò che intendiamo per energie pulite. Di certo, il nucleare e il gas non lo sono.”
Lo studio immagina l’isola proiettata in un futuro prossimo in cui le energie rinnovabili diventino l’asset energetico principale. E’ uno scenario percorribile?
Lo studio si è occupato dell’aspetto macroeconomico. Il WWF Italia ha sempre sostenuto che sarebbe stato folle portare il gas in Sardegna, dove manca persino una rete gas. L’indagine ci ha dato ragione da molti punti di vista, a partire da quello economico. Un costo che avrebbe una ricaduta maggiore sugli utenti sardi ma anche sul continente.
Qual è l’alternativa al gas?
Riteniamo che l’elettrificazione, e soprattutto l’approvvigionamento 100% da fonti rinnovabili, potrebbe essere per la Sardegna un marketing distintivo. Sarebbe la prima grande isola decarbonizzata e davvero avviata verso la transizione. Un territorio che tra l’altro fonda molta della sua economia proprio su un ambiente irripetibile e spettacolare. E sulla forza della natura. Vedo solo grandi opportunità, anche economiche, per l’isola.
Le rinnovabili sempre più si possono inserire nell’ambiente senza nessun impatto. Già ne hanno uno infinitamente inferiore ai combustibili fossili.
Le energie rinnovabili che impatto hanno sul territorio?
Le rinnovabili sempre più si possono inserire nell’ambiente, minimizzando l’impatto. Già ne hanno uno infinitamente inferiore ai combustibili fossili. E’ chiaro che nessuna attività umana ha impatto zero. Però è sempre più possibile inserire le rinnovabili nel contesto naturale e paesaggistico. C’è una forte ricerca in questo senso. Per esempio, l‘agri-fotovoltaico offre la possibilità di coniugare agricoltura e produzione energetica. Niente di più vantaggioso.
Gli svantaggi di una o più dorsali gas in Sardegna?
Il fatto di dotare oggi la Sardegna una rete gas si traduce in una grandissima spesa inutile, tanto più che finora non è stata fatta. Inoltre, le compagnie stanno offrendo gratuitamente l’allaccio, perché la richiesta dei cittadini era minima. La rete gas in Sardegna avrebbe un costo enorme. A pagare tutto questo, che sono bei soldi, sarebbero i consumatori italiani. Saremmo noi, sulla nostra bolletta. E per l’utente del continente non sarebbe una buona notizia.
Si tratterebbe di solidarietà?
Non è una questione di solidarietà. Perché la solidarietà per andare verso il futuro c’è sempre, ma per andare verso il passato non credo che abbia senso.
Spesso si sottolinea il costo di manutenzione delle rinnovabili. Si pensi, ad esempio, ai pannelli fotovoltaici.
I pannelli solari hanno bisogno di manutenzione, ma parliamo della stessa manutenzione che applichiamo a qualsiasi cosa nelle nostre case. Al nostro terrazzo condominiale facciamo manutenzione altrimenti ci crolla sulla testa. I pannelli fotovoltaici anzitutto vanno puliti. E poi dopo un numero di anni potrebbero essere sostituiti. Dal punto di vista economico risulta comunque vantaggioso, tanto più con gli incentivi che sono a disposizione. Nel caso della Sardegna, la rete non si nutre dei soli pannelli fotovoltaici, ma anche dell’eolico e di altre fonti rinnovabili. Ovviamente, la rete avrà bisogno anche di batterie e altre forme di accumulo, perché ci sono dei momenti in cui il sole non c’è.
Mariagrazia Midulla è responsabile per il Clima ed Energia di WWF Italia. Dopo una prima esperienza presso alcuni gruppi parlamentari come comunicatrice, nel 1991 ha accolto l’offerta del WWF di diventare capo ufficio stampa. Dopo anni di impegno sulla comunicazione ambientale, è diventata responsabile delle campagne internazionali del WWF Italia, occupandosi in particolare di cambiamento climatico/energia e di sostanze chimiche tossiche. Successivamente si è focalizzata sulla grande sfida del clima e della svolta energetica possibile. Fa anche parte dei team internazionali del WWF su Clima ed Energia, sul G8 e G20 e sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Fonte: Forum Ambrosetti.
Nello studio si fa riferimento alle comunità energetiche.
E’ un fenomeno molto interessante, già possibile nei condomini. Le comunità energetiche saranno sempre più incentivate, anche a livello europeo. Si tratta della possibilità di mettersi insieme ad altri per diventare non solo consumatori ma anche produttori, i cosiddetti prosumer.
Quali sono i vantaggi?
Il mettersi insieme ad altri diventa vantaggioso perché si produce più energia e si può così venderla e fare rete. Anche per la manutenzione vi è un abbattimento dei costi nella condivisione della spesa. In questo modo, peraltro, si possono coprire anche impianti di taglia maggiore. Non dimentichiamoci che abbiamo bisogno di energia anche per i servizi e le attività industriali, non solo per alimentare le utenze domestiche.
Quali sviluppi potrebbero avere?
Le comunità energetiche in alcuni casi potrebbero diventare una fonte economica, e tagliare di molto i costi dell’energia per le famiglie, se non diventare una fonte di reddito per i comuni. Soprattutto nell’entroterra sardo, le comunità energetiche hanno un grande successo e sono sempre più numerose. Ne nascono costantemente di nuove . E’ sicuramente un fenomeno interessante e spontaneo che attrezza l’isola in un modo che è molto congeniale al suo territorio.
Le comunità energetiche possono diventare una fonte economica e tagliare di molto i costi dell’energia per le famiglie e i comuni.
Al proposito, un punto rilevante è la finanza verde. Le misure pubbliche per accelerare la transizione energetica.
La finanza verde è sicuramente un aspetto molto positivo. I capitali privati da lungo tempo hanno capito che il cambiamento climatico è una grande minaccia. E’ un rischio anche per gli investimenti, sia chiaro. Gli investimenti anche in attività economiche, ma non solo in attività economiche, sono ad altissimo rischio con eventi estremi che abbiamo visto quest’anno in modo molto martellante. E’ ovvio allora che sono partite alcune azioni per cercare di fare in modo che gli investimenti favoriscano le attività che sono amiche del clima e al contempo vengano tolti dai combustibili fossili.
Siamo solo agli inizi?
Ha cominciato il fondo sovrano norvegese, che è il più grande fondo pensionistico pubblico esistente e hanno deciso di non investire più nel carbone. Non solo. Hanno deciso anche di disinvestire dalle società che in una percentuale, troppo alta o comunque significativa, svolgevano attività con il carbone. Questo è stato un passo molto importante. Altra cosa rilevante rispetto alla finanza verde, è la nascita di fondi per sovvenzionare le rinnovabili con una scelta chiara. Ora questa scelta però va tenuta sotto controllo. Nel senso che l’investitore potrebbe trovarsi nella condizione che gli si dica che si sta investendo in attività green e invece si continua a investire nei combustibili fossili.
Il nucleare è una tecnologia che serve solo a ritardare la transizione energetica. Parlarne allo stato dell’arte è parlare del nulla.
In altre parole, un ruolo di terzietà istituzionale ?
E’ importante la tassonomia europea che sta venendo in luce, che dovrebbe fissare i criteri per cui un investimento possa essere definito ambientale e socialmente sostenibile, ed è talmente rilevante che infatti si continua costantemente a cercare di inquinarla mettendo tra le fonti considerate pulite anche il gas, che pulito non è, perché è un combustibile fossile, e il nucleare.
Il dibattito sul nucleare è tornato all’ordine del giorno.
Il nucleare è una tecnologia in declino, ci dicono i dati. E francamente chi dice che è il futuro ci dovrebbe dire a che punto è la Ricerca: quando nel 2011, in Italia, c’è stato il referendum sul nucleare, la propaganda nuclearista annunciava la quarta generazione che avrebbe risolto tutti i problemi presenti nelle tecnologie precedenti: questa quarta generazioni in dieci anni non ha ancora visto la luce. Come non ha visto la luce neanche la centrale nucleare in Finlandia che era in ritardo già nel 2011. Sono passati dieci anni, e ancora non è stata completata.
Il suo giudizio?
E’ evidente che parlare di nucleare oggi serve solo a ritardare la transizione energetica. Tanto più che ben due referendum rendono impossibile riproporlo. Dobbiamo investire nelle tecnologie che oggi sono disponibili e che sono sicuramente un avanzamento enorme rispetto alle tecnologie fossili.
Chiudere gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a carbone entro il 2025, e decarbonizzare il sistema energetico al 2050 in Sardegna, evitando nuovi investimenti in combustibili fossili, è possibile e porta molti posti di lavoro. Lo dimostra lo studio, realizzato per conto del WWF dall’Università di Padova e dal Politecnico di Milano, dal titolo “Una valutazione socio-economica dello scenario rinnovabili per la Sardegna”. Lo studio parte dalla comprensione del contesto energetico attuale, propone una discussione circa le possibili opzioni tecnologiche, simula il sistema energetico nel medio e lungo termine e, infine, ne analizza gli impatti socioeconomici. Fonte: WWF Italia.
Puntare sull’efficienza energetica oltre che sulle rinnovabile è una soluzione?
L’efficienza energetica ha la stessa importanza delle fonti rinnovabili. Noi abbiamo proprio l’esigenza di risparmiare più energia possibile e di entrare in un ordine di idee completamente diverso dal passato. Su tutte le risorse naturali dovremmo cercare di risparmiare. Se noi pensassimo per assurdo che siccome si tratta di energie rinnovabili possiamo sprecarle, avremo l’esigenza di usare molto più territorio di quello che in realtà ci serve che è pochissimo per l’energia utilizzata in modo oculato.
Fa riferimento anche all’Ecobonus 110?
L’efficienza e il risparmio energetico nelle case hanno un ruolo di primo piano. Perché una parte importante dell’energia che consumiamo è utilizzata per riscaldare o per raffrescare le nostre case. Con il cambiamento climatico è e sarà sempre più necessario raffrescare. Però il 110% ha avuto come problema il fatto di non essere connesso in modo stretto all’avanzamento richiesto. Ad esempio, l’allargamento del 110% alle seconde case a mio modo di vedere è stato negativo, perché si tratta di una misura rivolta a chi aveva una seconda casa e quindi a persone ambienti, e per di più le seconde case sono quelle che consumano meno perché sono usate meno. La vera scommessa è fare arrivare alla transizione tutti. Altra cosa discutibile è che si potessero finanziare con il 110% le caldaie a gas, questa è una cosa che è assolutamente negativa perché si percorre la strada dei combustibili fossili.
L’Ecobonus 110 è stato un punto d’arrivo rispetto all’Accordo di Parigi del 2015 che auspicava interventi governativi per sostenere la svolta green?
Oggi si sta dicendo che il 110% forse costa troppo per le tasche dello Stato, ma secondo me il problema è sempre lo stesso: che i soldi vanno usati bene. Il 110% è stato usato anche per rilanciare il settore edilizio.
Abbiamo l’esigenza di risparmiare più energia possibile e di entrare in un ordine di idee completamente diverso dal passato.
La transizione energetica metterà in moto ulteriori incentivi?
In questo momento il Parlamento sta esaminando la direttiva RED II sulle fonti rinnovabili e poi si dovrà capire bene come incentivare le comunità energetiche perché le normative europee non sono state ancora incorporate nella nostra legislazione. Lo sono state solo in piccolissima parte. La transizione energetica sicuramente è qualcosa che ha bisogno di tantissimi soldi. Tutti lo sanno e tutti stanno cercando di fare in modo che i soldi cominciano ad andare verso i settori del futuro invece di continuare ad andare verso i settori del passato. Poi ci sono dei trucchetti per continuare a convogliare i soldi verso il passato.
Quali?
Uno di questi trucchetti è stato usato adesso con la questione della bolletta energetica. Chiudendo i rubinetti del gas da una parte facendone aumentare il prezzo, e altre forme di speculazione sulle materie prime. Facendo salire i prezzi del gas a dismisura, ne sono risultati grossi profitti sia per i produttori, sia per chi si è accaparrata la materia prima, sia per i trader dell’energia. Ma questi profitti non andranno a tutti, andranno a pochi, mentre invece lo stato si appresta a ripianare il sovrapprezzo e non solo per gli indigenti ma per tutti. E’ un sussidio all’energia prodotta con combustibili fossili, quindi è un sussidio ai combustibili fossili.
Un paradosso?
C’è il rischio che invece di diminuire gli incentivi ai combustibili fossili aumentino. E noi dobbiamo fare in modo che i soldi, sia pubblici che privati, vadano verso investimenti che sono essenziali per il nostro futuro. Non siamo più all’inizio della transizione per cui avevano un ruolo anche i combustibili un po’ meno inquinanti. Dobbiamo andare verso la maturità delle transizione energetica. Perché la situazione del clima e e di perdita di biodiversità non ci consentono più di perdere tempo. La Convenzione di Rio sul Clima è stata approvata nel 1992. Sono passati trent’anni e ora sarebbe il caso che la transizione si imbocchi decisamente e che si arrivi finalmente a cambiare totalmente strada. Abbiamo pochi anni, pochissimi anni, visto tra l’altro la virulenza dei fenomeni meteorologici estremi.
Non siamo più all’inizio: dobbiamo andare verso la maturità della transizione energetica.
La transizione sarà sempre più rapida?
Abbiamo tutto l’interesse a cambiare strada al più breve tempo possibile, perché altrimenti ci troveremo nella condizione di doverlo fare da un giorno all’altro e questo sì che provocherà un sacco di problemi e un impatto economico pesante per molte persone. Comunque dobbiamo accelerare, perché attualmente la crisi climatica va enormemente più veloce della nostra azione. Qualche segnale positivo sta arrivando, per esempio la proposta del governo britannico di avere il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035. Forse ci si comincia a rendere conto che la transizione va accelerata altrimenti la finestra di azione sul Clima rischia di chiudersi.
Inefficace in rapporto all’innalzamento delle temperatura?
Che cosa succede all’innalzamento della temperatura di 2,7 gradi non lo sappiamo. I modelli non ci dicono cosa succederà esattamente – come ha riferito l’altro giorno il premio Nobel Giorgio Parisi in Parlamento. Potrebbero esserci dei fenomeni atmosferici che non possiamo neanche immaginare con la nostra mente umana. A questo punto, noi non ci dobbiamo arrivare. E’ a rischio il futuro della civilizzazione umana, se non addirittura della specie umana, oltre che di tantissime specie animali e vegetali. In pratica del pianeta come lo conosciamo.
Rischio della civilizzazione, cosa significa?
Le basi per una società di persone, per quella sicurezza che ci privilegia nei confronti di tante altre specie. Cibo, acqua, casa, tutto quello a cui siamo abituati, non più garantito. Se vi sembra poco…